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Il Peso

La caduta di Atlante

Sopruso o Giustizia

Appena nato Giove m’ha regalato una biglia zaffiro mi disse: “Abbine cura, è una figlia che t’affido”. L’ho tenuta sul mio cuscino fino al mattino ed ero pronto a tutto, perfino al martirio. Da bambino era un pallino che portavo in classe sperando che il prof di latino non me lo bocciasse. Cresceva d’anno in anno, stava diventando grande: prima palla da calcio poi palla da basket. Divenne un globo che ruotavo in senso orario, più che un uomo sembravo uno stercorario. Fui costretto a reggerlo come uno zaino, per il peso ho ancora gli occhi fuori, sembro Igor. Ero felice, di tenere su quel mondo con le rive, superuomo come Nietzsche poi venne di colpo uno scossone nelle nostre vite, aveva il corpo di Giunone ma il suo nome è Dike.

Del giorno in cui mi cadde il mondo addosso ricordo tutto pure l’ora e il posto, il contraccolpo poi la stretta al collo, la stretta al collo, la stretta al collo.

Dike, una dea per molti, un’angoscia per gli empi, una benda sugli occhi che annoda coi lembi. Dal pianeta le raccolsi una rosa dei venti, immaginavo i nostri volti da coppia nei lenti. Lei era la giustizia che non si concede, io quello che la corteggia, che sta lì, non cede. Ero invaghito, miele, e capivo bene che non ci sarei uscito a bere dell’idromele. “Ciao, mi chiamo Atlas” – petto gonfio, anfora – “Lascio ogni ragazza, con questo mio corpo, afona. E tu, sarai mia. Ti voglio addosso, canfora. Posso darti il mondo, il mondo, non la metafora!” Disse: “Non sono di nessuno, nemmeno di Ulisse, e sono chiara e ferma come le stelle più fisse. Usi la forza e la ricchezza per le tue conquiste? Non sei più forte ne più ricco sei solo più triste!”

Del giorno in cui mi cadde il mondo addosso ricordo tutto pure l’ora e il posto, il contraccolpo poi la stretta al collo, la stretta al collo, la stretta al collo.

“Quindi rifiuti lo scambio di fedi? Quasi mi insulti mostrandomi i medi? Alza la fascia, guarda in faccia e venerami, lady, per la mia stazza credi non abbia Venere ai miei piedi?” E lei: “Arretra adesso, barbaro! Che tu sieda sul trono o sulla pietra dello scandalo a me interessa poco il tuo pianeta bello e vandalo, piuttosto mi dò fuoco, sto più lieta dentro il Tartaro!” Ed a quel punto sono io che non ci ho visto più…  (l’ha stretta al collo, l’ha stretta al collo, l’ha stretta al collo..)  La dea che scappa sul selciato è l’ultimo ricordo, io che cado, dal mondo schiacciato mentre la rincorro. Atlante e Dike, amore e psiche, terra e giustizia, fine della storia, fine del rapporto.

Del giorno in cui mi cadde il mondo addosso ricordo tutto pure l’ora e il posto, il contraccolpo poi la stretta al collo, la stretta al collo, la stretta al collo.